giovedì 11 novembre 2010

Sedici - Tracce





Tracce




Sono un’Idea.
Già.
Un’Idea.
Un prodotto della logica che non si è ancora trasformato in azione.
Una potenzialità, quindi. O meglio: un insieme di potenzialità, legate tra loro da rapporti di concatenazione; e conseguenza.
Sono un’idea precisa: l’idea di una gravidanza. Una delle idee più istintive e complesse; evolutesi per prime nella testa degli uomini, sull’onda d’un meccanicismo che è tutt’ora, per certi versi, incomprensibile.
In ogni caso: sono l’idea della vita.
O meglio: l’idea di… “una” vita.
Oppure, anche, tutta la vita in un’idea… Ma non confondiamoci.

Sono appena balenata.
Non ho ancora un nome preciso. Potrei diventare Marta o Gianni, Angelo o Sara. Avere un corso, una storia, un destino realizzato e poi concluso.
Potrei.
E, pur senza un nome, la mia semplice presenza amplifica le consapevolezze di Rosa.

Rosa.
Il suo essere donna si fa completo, compiuto. Al solo pensiero di una possibile vita nell’interno del suo grembo, la giovane Rosa ha provato un senso sgomento e complesso di soddisfazione; di timore; di potenza. E importanza. Un’idea di bellezza. Quasi d’invincibilità, per certi versi; di atavico (ideale e intangibile) dominio sulla natura. S’è sentita finalmente accomunata all’archetipo della genesi umana; finalmente prossima al significato primordiale del suo esistere come donna.
Un’incredibile, e determinata, tenerezza.

Già solo per questo sono un principio potente. Positivo.
Sono un progetto. Anzi, un insieme di progetti.
Una molla istintiva che proietta il pensiero al futuro. E genera, a esplosione, altre idee, circostanziate e universali. Affetto. Cura. Alimentazione. Protezione. Crescita. Educazione. Sviluppo. Unione. Vita. Tempo. Anzianità. Caducità. Morte. Ricordo. Eternità…

In Rosa.
Perché è Rosa.

Il mio primo viaggio è già avvenuto.
Potrei definirla una migrazione. Un trasloco.
Anzi, restiamo in tema: un nuovo impianto.
Medesimo principio essenziale, medesimo concetto. Altra testa. Quella di Rocco.
Altro sesso. Altra vita. Altre esperienze, esigenze. Altra età.
«Ho cinque giorni di ritardo, Rocco. Potrei essere incinta…» 

Sono un’Idea. E null’altro.
Ma ho il potere enorme di interagire con la realtà. Di condizionarla.
D’interferire con la biologia. E di alterarla.

Rocco è in tumulto istintivo, dal mio arrivo. Il suo battito cardiaco si è intensificato, anche se lui non lo sa. Noterebbe, soffermandosi, solo una lieve pressione dietro lo sterno. Di fatto, invece, percepisce una generale modifica, sorda e indistinta; un’inquietudine di emozione e pensiero, febbrili. Una maturazione esplosiva. L’orgoglio e la paura. La forza. La dolcezza invincibile, che rende inutile, quasi sciocco, ogni suo muscolo potente; ogni possibile adrenalina. Il senso della parola “responsabilità” che prende vita; che proietta per la prima volta la sua valenza sul futuro, anziché limitarsi a precisare eventi finiti. L’istintiva difesa di un nucleo, che proprio da lui si aspetta riparo, calma e spinta. Gioia sottile; inconsueta, quella che avverte. Ma timore d’inadeguatezza improvvisa, anche.
Una diversa linea di contorno e proiezione del sé.
Il concetto del suo seme gli si rivela (repentino come un lampo) in tutta la sua forza: “Io. Nel corpo di Rosa”. Qualcosa che resta lì. Che per la prima volta si stacca e non “torna”. Diventa altro con altro. Futuro tangibile che congela all’improvviso l’esistenza stessa di Rocco, nella continuità incomprensibile dell’uomo. Lo colloca e lo ferma nella Storia.
Cristallizzazione evidente solo ora, solo così.
La preoccupazione, poi, per qualcosa di cui non afferra la portata intera, cui non sa attribuire contorni razionali immediati. Qualcosa che, per la prima volta, sfugge alla sua esperienza.
Tutto cambierebbe. Cosa cambierebbe? Oh, Rosa cambierebbe. Diventerebbe più debole, anzi, vulnerabile. Ma infinitamente più determinata. Più forte, quindi. Disperatamente forte.
«E io?»
Quanta forza viene erroneamente confusa con la debolezza!
Se solo riflettessimo meglio…

Ecco. Sono una semplice Idea. Fondamento primo. Archetipo. Verbum. Logos. Motore della realtà. Scaturigine indistinta di ogni azione. E di ogni suo contrario.
Già perché, in quanto Idea, incarno nella mia essenza l’identità stessa del mio opposto.
Solo ogni cosa che esiste, in quanto tale, può essere negata.  
Ecco che posso essere dubbio; sospetto; atroce condizionamento morale. Freno.
Dipende dai contesti. Dai punti di vista. Dipende dal terreno di coltura. Dalla cultura e le esperienze dell’animo in cui vado a cadere. O a sorgere.

Rocco non risponde. Non dice nulla.
Rosa ha una stretta allo stomaco. Il suo Rocco si entusiasma, di solito. Se qualcosa gli piace, esulta; e il suo volto si accende di gioia. Ora no. Non ha cambiato espressione. Un piccolo sorriso. E’ lì che guarda il vuoto. Sì, le ha messo una mano sul ventre, e quella mano è calda. Dio, come è calda la mano di Rocco sulla pancia!
Rapido, il pensiero di Rosa percorre il proprio universo relativo, in lungo e in largo. Lei sa. Lei già sa. Come avendo appreso una notizia scontata, attesa da sempre, nota in ogni sfumatura, Rosa sa – e di colpo vede chiaramente – cosa vuole; chi è; chi è stata e chi sarà, da ora in poi. La mano calda di Rocco non fa che sottolineare questa convinzione. Ne è il titolo e la costituzione.
Ma, dietro la mano, Rocco ancora non si vede. Non compare. È come trasparente. La sua mano è calda. La sua presenza assente. «Dove sei, Rocco?» vorrebbe chiedergli. Ma tace. Perché sa che le risposte indotte sono mezze verità, a volte menzogne. Mentre le convinzioni sgorgano, senza che nessuno le debba chiamare.

Rosa tace, e guarda Rocco.
Lui avvicina il viso. La bacia. Con l’altra mano le sfiora una guancia. Poi torna a guardare fuori dalla macchina e mette in moto. Una mano ancora sul ventre di lei. Lentamente guida la vettura fuori dal parcheggio del cinema.
Il lavoro che ha è buono. Ha iniziato da poco, ma ci sono prospettive e sembra stabile. Lui e Rosa possono affittare una casa; finalmente decidersi a vivere insieme. Famiglia. Nucleo. Ma Rosa, prima o poi, dovrebbe interrompere il proprio lavoro. Lui potrebbe chiedere di lavorare di più. Accettare quell’incarico, fino a lì rifiutato per evitare scocciature e fatica. Sì. Potrebbe accettarlo, ora. Per diventare padre. Per diventare uomo. Per garantire, proteggere, difendere e alimentare un futuro. Per condividere. Per Rosa e il suo delicato compito di madre.
Come sarebbe? Sì, come sarebbe avere un figlio? Prenderlo in braccio; giocarci; vederlo giocare e sorridere; o piangere; sentirlo respirare o tossire, la notte. Essere padre. Padre.

La macchina avanza lentamente, nella strada di notte.
Rosa guarda fuori dal suo lato. Vede i lampioni scorrere via. Tiene la mano di Rocco su di sé, e cerca di leggerla.
Rocco guarda davanti. Si ferma al semaforo rosso di una piazza vuota. Muove leggermente la mano e si volta verso Rosa. Si china di nuovo a baciarla. Questa volta più a lungo. Scatta il verde ma la macchina resta ferma lì, mentre i due si baciano. Senza una parola.

Sono un’Idea.
Già.
Solo un’idea, perché Rosa non è incinta. Ha un ritardo del ciclo mestruale, e le cellule di Rocco, in lei, sono già morte.
Ma, come ogni idea, lascio tracce incancellabili tra le umane cose.