venerdì 31 dicembre 2010

Diciassette - Omega




Omega




Buonasera a tutti.
La notizia sta ora facendo il giro del mondo a velocità frenetica.
Era apparsa un mese fa in quei servizi leggeri, di costume, che chiudono i notiziari. E’ stata poi ripresa dalle pagine culturali dei maggiori quotidiani. Quindi approfondita dai settimanali patinati e nei contenitori televisivi generalisti, che vanno in onda nel pomeriggio.
Ma ovunque trattata con un sorriso di leggerezza e disincanto.

Una piccola equipe di studiosi accreditati, due filosofi, due storici, un astrofisico, un matematico e un informatico, negli ultimi anni, ha studiato tutte le notizie e le indicazioni che facciano riferimento alla fine del mondo. Laiche, religiose, mistiche o scientifiche che fossero, gli studiosi le hanno analizzate tutte e valutate. Hanno infine inserito le date risultanti – se disponibili, o ipotizzabili con una approssimazione soddisfacente – in un calcolatore affinché questo le elaborasse.
Dopo giorni di lavoro ininterrotto, il cervello elettronico ha finalmente prodotto due complessi algoritmi. Applicati alla data di nascita dell’universo, gli algoritmi, lunghe e impenetrabili stringhe di calcolo, hanno generato come risultante l’indicazione di una data ulteriore, che indicherebbe la fine assoluta del Tempo: il momento esatto in cui, con una dinamica simile al Big Bang, con la sua medesima rapidità istantanea (calcolabile in 3,5 secondi; a una velocità espressa da una cifra con più di cento zeri), l’Universo a noi noto imploderebbe in una parossistica contrazione, frutto dell’annullamento tra materia e antimateria, fino all’equilibrio di forze tra la concentrazione della massa e il vuoto. Fino al silenzio assoluto ed eterno. Alla quiete sospesa della statica senza fine concepibile.
Gli algoritmi sono due perché la data di nascita dell’universo, il cosiddetto Tempo Zero, cioè l’inizio del tempo come noi lo conosciamo, è stimato intorno a 14 miliardi di anni fa, con un’approssimazione di circa 200 milioni di anni. Si è reso necessario, quindi, un calcolo comparativo medio tra gli estremi dell’approssimazione, che desse una risultante più attendibile.

L’Omega, come è stata ribattezzata la data di fine del Tempo, risulta essere il giorno 2455562 del Calendario Astronomico, o Giuliano; il 31-12-7518 del Calendario Bizantino (che si fa iniziare dalla creazione del mondo); il 26-11-4647 del Calendario Cinese; il 24-1-1432 del Calendario Islamico; il 24-4-5771 di quello Ebraico. Oppure, per farla breve, il 31 dicembre dell’anno 2011 dell’era cristiana. A un anno esatto da oggi. È interessante notare incidentalmente come, dopo tanto complesso calcolo, questa data si avvicini molto a quella in cui il calendario dei Toltechi, 3000 anni prima di Cristo, ipotizzò la fine della quinta era cosmica, detta età dell’oro, e cioè il 21-12-2012. Ma tant’è.

Fin qui nulla di nuovo. O, almeno, nulla che non si sia già visto: l’uomo si è sempre interessato alle previsioni sul proprio futuro. L’esistenza, in sé, ha suscitato interessi, incertezze e timori, proprio in virtù della sua imponderabilità misteriosa. E le reazioni sono state via via più scettiche, rilassate e disilluse, mano a mano che le conoscenze diventavano più esatte, le teorie più ardite e le speculazioni più sofisticate. E divulgate. Il fatto è che, per quanto ci si ostini, non ostante ci si sia avvicinati enormemente alla comprensione dei meccanismi della vita e dell’universo, resta intatto e lontano l’enigma della vita, nella sua essenza prima e primigenia. Insoluto, il quesito sulla sua scaturigine e, soprattutto, sulla sua durata. La notiziola è quindi passata agli archivi con la leggerezza delle mille e mille altre previsioni simili, spesso futili, stratificate nella memoria degli uomini e mai realizzatesi, fino ad ora, in un’effettiva catastrofe totale e ultima.
È arcinota a tutti la favola di Pierino che gridava «Al lupo! Al lupo!».
Tuttavia, come è oramai noto, quattro giorni fa la piccola equipe di studiosi ha comunicato agli organi di informazione una lieve rettifica del calcolo. Per una maggiore attendibilità scientifica l’applicazione degli algoritmi è stata infatti replicata immediatamente su altri due elaboratori, gemelli del primo, affinché fosse ridotto al minimo il margine d’errore. Un po’ lo stesso criterio della pesata doppia, che si usa con i neonati. La correzione del dato, così ottenuta, è del tutto insignificante in termini astronomici, ma considerevole, se valutata dal punto di vista del nostro presente.
Già, perché la nuova data risultante, a questo punto, è fissata nel giorno 2455927 del Calendario Giuliano; cioè il 31-12-7519 di quello Bizantino; il 7-12-4648 di quello Cinese; il 5-2-1433 di quello Islamico o il 5-4-5772 di quello Ebraico.
Per noi è il 31-12-2010.
Oggi.

Inutile raccontare come, nei giorni seguenti l’annunciata correzione, il giornalismo di tutto il mondo si sia gettato a pesce su una tale notizia. E come lo stia facendo ancor di più in queste ore convulse. Non solo per riempire le pagine che solitamente, alla fine dell’anno, si aggrappano alle condizioni climatiche invernali, ai preparativi dei festeggiamenti, ai bilanci sportivi, alla condivisione tra i popoli.
Non solo.
Senza indagare se sia nato prima l’uovo o la gallina (ovvero, se sia stato il battage mediatico a scatenare reazioni sempre più diffuse, oppure le numerose e varie reazioni ad attirare i giornalisti), abbiamo riscontrato nel mondo intero un incremento esponenziale e frenetico di fenomeni di … preparazione all’evento. A ogni latitudine nota. Da parte di ogni tipo di comunità in tutte le regioni del mondo. Con una trasversalità che ha travolto ogni barriera ideologica politica o geografica sin qui esistente.
Con il pragmatismo che ci contraddistingue, esprimiamo tutta la nostra riprovazione per quanto sta accadendo. Soprattutto quando vediamo le immagini (diffuse sia dai Tg che da internet) delle varie comunità, religiose, settarie e sociali, composte di persone esaltate o invasate, che in ogni parte del mondo vanno radunandosi sempre più numerose in luoghi pubblici; praticando ciascuna i propri riti sociali, comunitari o religiosi.
Ci muove a compassione l’isteria che vediamo diffondersi a macchia d’olio, (un po’ come proviamo delusione e sconforto quando analizziamo ogni storica “isteria” - soprattutto alla luce dei risultati che ogni “rivoluzione” ha poi avuto sul nostro pianeta). Ci muove a compassione soprattutto l’idea che la superficialità umana, non ostante i progressi innegabili raggiunti in campo scientifico, religioso e filosofico, nei momenti di smarrimento etico non sia mai riuscita a sollevarsi da una sostanziale confusione tra la trascendenza e un tragico immanentismo, e resti comunque in balia di sé stessa, o di ciò che le viene propinato da chi detiene l’informazione.
Sarebbe lungo, e soprattutto doloroso, analizzare ora questo fenomeno.

Ci limiteremo a dire che, contro ogni tendenza dell’ultima ora, noi... non crediamo.
Non crediamo che stia per avvenire ciò che gli scienziati hanno ipotizzato. Non crediamo che invocare divinità, siano esse laiche, mistiche o religiose, possa – nel caso – modificare il nostro destino; né migliorare la nostra eventuale posizione in ciò che ci… aspetta dopo. Siamo assolutamente convinti che tanto sia accaduto fin qui, nella storia umana e dell’universo, e altrettanto accadrà da qui in poi.
Non credendo a questo imminente avvenimento, e inneggiando a un sano raziocinio, noi